Le Alpi Apuane, l'alta e media Valle del Serchio ed il litorale Apuo-Versiliese sono da sempre legati tra loro da storia, tradizioni, usi e costumi comuni, mentre sono culturalmente piuttosto distanti dalla Lucchesia e dalla Toscana in genere, riallacciandosi piuttosto alla Lunigiana ed alla Liguria.

Questa sorta di "biodiversità culturale" (la cultura è fatta dalle persone che formano le varie comunità) era ben chiara anche nel passato, se i Lucchesi chiamarono "Sarzanese" la strada che portava e che porta in Versilia. Addirittura Giovanni Boccaccio, nel suo commento alla Divina Commedia, trattando dei volgari toscani, poneva il confine nord-occidentale della Toscana non sulla Magra (come invece aveva fatto, un po' troppo grossolanamente, Dante dicendo che la Magra parte lo genovese dal toscano) bensì una ventina di chilometri più a sud e cioè a Motrone e verosimilmente lungo l'omonimo torrente (l'odierno Lucese). Questo è degno di nota perché a quell'epoca tutta l'attuale provincia di Lucca era politicamente sottomessa al Comune di Lucca, quindi Boccaccio deve aver avuto ben presente che quel confine era un vero e proprio confine culturale, tra la Lucchesia (parte della Toscana) e la Versilia, parte di qualcosa di "altro" e cioè, con ogni probabilità, quell'area di Lunigiana-Garfagnana e Versilia che in numerosissimi documenti imperiali e papali è trattata come un comparto omogeneo il quale, nonostante le dominazioni in atto, non fa parte né della Toscana, né del Genovese, né, tantomeno, della Lombardia (cioè dell'area padana). Non a caso Lucca stessa considerava la Garfagnana (cioè la Valle del Serchio a nord del corso dei torrenti Pedogna sul lato apuano e Fegana su quello appenninico) e la Versilia (cioè la costa ed il versante occidentale delle Apuane a nord di Montemagno e di Motrone) come un territorio a se stante rispetto alla Lucchesia vera e propria, che allora come oggi comprendeva l'area in un raggio di 6 miglia dalla città (le Seimiglia, appunto), giungendo praticamente al mare nella parte centro-meridionale dell'attuale comune di Massarosa ed alla quale culturalmente e storicamente si potrebbero aggregare anche Viareggio, la Valdilima, la Valleriana e la Valdinievole.

Tutto questo riemerge studiando in profondità la lingua e soprattutto, gli usi, i costumi e le tradizioni della nostra zona, dove sopravvivono saperi e consapevolezze quasi ancestrali, che sono rimaste gli stessi anche in zone che per più di un millennio sono state sottoposte a dominazioni o amministrazioni diverse tra loro. Infatti la lingua è il primo elemento della cultura di qualsiasi individuo o di qualsiasi comunità che tende a mutare a contatto con dominatori, mercanti, pellegrini ecc. e non a caso oggi un confine tra parlate non toscane come il massese e parlate in parte "toscanizzate" (ma in origine non toscane) come il versiliese, lo avvertiamo nella zona di Porta e al Cinquale; è invece nelle usanze domestiche, in quelle legate all'economia di sussistenza agrosilvopastorale (attrezzi, prodotti, piatti tipici, spazi, azioni e loro denominazioni), sfere meno soggette ad influssi esterni, che si conservano, in maniera quasi intima, certi tratti che inconsapevolmente ci portiamo dietro da millenni.

Nel libro, frutto di anni di ricerche e di interviste agli anziani abitanti della zona e di quelle limitrofe, ho voluto evidenziare come i confini amministrativi attuali ed anche quelli tra gli stati preunitari, non corrispondano a quelli linguistici e culturali. Emerge una identità apuana (che non necessariamente ha qualcosa a che fare con gli antichi Liguri Apuani) fatta di "pronunce", "parole", "oggetti", "azioni" che caratterizzavano una società rurale ancora viva fino a pochi decenni fa.

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