Prefazione di Marco Ferrari
Tarka, 2008Nuovo
Parroci, sacrestani, sindaci, segretari comunali, medici di campagna, presidenti di confraternite contornano, come nei romanzi storici di Andrea Camilleri, i semplici personaggi dei racconti, quasi sempre umili, ultimi, passivi, dimenticati dalla storia oppure laboriose ragazze e donne che fanno le ricamatrici o salano le acciughe, mai stanche, mai dome, ma anche vogliose di carezze e tenerezze rispetto a uomini rudi, complessi, silenziosi, incapaci di scoprire il proprio io interiore, un enigma irrisolto, quasi un doppio alla Maupassant che li rode dall’interno del loro corpo.
Queste Cinque Terre di Cozzani sono ancora un mondo a parte, non toccato dai bagnanti che negli anni cinquanta affollavano le spiagge né dal turismo d’élite degli anni settanta che le trasformarono in un luogo di mode culturali né tantomeno dal turismo internazionale che la nascita del Parco Nazionale ha favorito sino agli attuali ingorghi di persone. Come ne “Il regno perduto”, questi racconti di Cozzani testimoniano l’intuizione dell’autore di individuare nelle Cinque Terre un pozzo di storie identitarie da salvare e trasmettere ai posteri prima che i modi di vita cambiassero inevitabilmente questo paesaggio antropico e umano.
Cozzani si ritenne per tutta la vita un discepolo del romagnolo Giovanni Pascoli e dedicò alla sua figura una delle sue più impegnative opere letterarie, uno studio in cinque volumi pubblicato tra il 1937 e il 1955. Il paesaggio delle Cinque Terre, come quello della Garfagnana di Pascoli, permea il modo di vita, lo plasma, ma soprattutto determina lo stato d’animo dei personaggi. C’è una assimilazione tra la maniera di sentire e la maniera di vivere, tra coscienza e paesaggio.
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