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Questo “diario”, in cui Luigi Campolonghi raccoglie le sue corrispondenze dal Belgio, è documento prezioso di quei primi giorni di ingresso “nella tormenta” del primo conflitto mondiale.
Il 28 giugno 1914, quando nell’attentato di Sarajevo perdono la vita Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico, e la consorte Sofia, il pontremolese Luigi Campolonghi è in esilio in Francia, per le sue idee socialiste. Da Parigi invia ai giornali italiani le sue corrispondenze, raccontando i sentimenti contrastanti che scuotono la Francia, l’attentato in cui viene ucciso Jean Jaurès, la mobilitazione generale. Poi scrive dal Belgio, dove si reca per avere notizie di prima mano, e dà conto dei giorni immediatamente successivi all’invasione tedesca, della distruzione vista da vicino, della ferocia sui civili di un Paese dichiaratosi neutrale. Fra le pagine, non mancano i riferimenti alla posizione italiana: l’autore è favorevole all’uscita dall’isolamento e all’intervento a fianco della Francia democratica, contro Austria e Germania. Campolonghi raccoglie poi le sue corrispondenze in questo “diario”, che resta documento prezioso di quei primi giorni di ingresso “nella tormenta” del primo conflitto mondiale.
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