Giovanni Nino Telara

Ricordi della vecchia Marina

A cura di Marcello Bernieri


Società Editrice Apuana srl, 2023
Formato: 17x24
Pagine: 212 - Lingua: Italiano

Nuovo

Ho scritto queste pagine per quanti amano leggere cose del passato più o meno lontano, per i paesani di Marina di Carrara, per i marittimi e i lavoratori portuali in particolare, per essere stato a loro contatto per tutto il periodo del mio lavoro, corso insieme a loro dal 1928 al 1975.
Ho continuato in pensione a seguire i giovani marittimi oggi imbarcati sulle comode e veloci imbarcazioni da diporto, e spesso vado al porto ad osservare il febbrile lavoro dei portuali non più con le lastre in collo come i vecchi buscaioli, ma alla guida di sofisticate gru sollevanti pesi sino a molte tonnellate e di grossi montacarichi e benne per caricare e scaricare ogni tipo di merce.
Ho composto questo libro per dire qualcosa in più del poco che si sa sul nostro paese, del quasi nulla sulla nostra marina velica, oggi del tutto scomparsa, che è stata una delle più importanti d’Italia non tanto per il suo tonnellaggio quanto per l’elevato numero dei suoi bastimenti, in prevalenza a forma di navicello, rimasti tutti velieri sino al 1920.
Nel lontano passato erano barche appartenenti a marine di altri Stati d’Italia a caricare i bianchi marmi di Carrara; erano a forma di leuto, sciabecco, filuca, filucone, caicco, gozzo, pinco, tartana... portavano tutti nomi religiosissimi come Nostra Signora del Pianto d’Anima, Nostra Signora Addolorata, Nostra Signora del Rosario, o nomi di santi protettori di paesi: San Luigi, San Ranieri, ecc.
Il racconto è lo sviluppo di due miei articoli, apparsi su un quotidiano regionale, dai titoli: Il trasporto per le vie di mare dei marmi di Carrara e II buscaiolo, lavoratore portuale; un po’ di folclore che se ne va, e mi è stato possibile farlo grazie al coordinamento delle notizie apprese prima e dopo il 1937 dalla viva voce di persone anziane, uomini e donne, marittimi e terrazzani, tutt’oggi ricordati, lucidissime di mente, persone serie da dover credere alla veridicità dei loro racconti.
Tra i tanti ricordo, in ordine di decesso: Andrea Moruzzi, marinaio, tale anche alle armi quale cannoniere sulla corazzata Maria Pia durante la battaglia di Lissa del 1860 e deceduto nel 1937 a 93 anni; la Ro’ di Fondon, la nonnina di Marina, a 103 nel 1954; mio padre, notevole fonte di notizie e aneddoti, a 83 nel 1955; Ferdinando Gianfranchi detto il Lisè a 95 nel 1972; Ferdinando Bernardini detto Filandin a 91 nel 1975; Ghirlanda Giuseppe a 84 anni nel 1971; Vittorio Pisani detto il Pirinello, l’ultimo e più vecchio padrone marittimo, a 93 nel 1982.
Elenco per ultima Dalinda Vatteroni, moglie del marinaio Gigiò, perché è stata l’unica caratteristica figura femminile nella storia della nostra marina da carico, colei che conosceva e sapeva tutto sui marinai e sui velieri, persona ampiamente descritta nella seconda parte del libro.
Tutto quanto ho scritto, mi è stato narrato a suo tempo da quelle persone ed è stato in parte vita anche da loro vissuta e in parte notizie apprese dai loro padri, nonni e persino bisnonni.
Quei racconti così tramandati di generazione in generazione, nella calma di una memoria non turbata dalla confusione del mondo moderno, mi hanno permesso di risalire quasi alla nascita di un minuscolo borgo di capanne sul nostro litorale, chiamato dapprima spiaggia di Lavenza.
Come dirò più esattamente in seguito, stando ai racconti, i primi abitanti erano pescatori e contadini, ma a loro si unirono ben presto alcuni degli addetti al carico dei marmi sui velieri ancorati alla rada, a mezzo delle imbarcazioni da trasbordo chiamate schifi, antenate delle nostre scafelle (scofède).
Costoro erano abitanti di Avenza che essendosi trovati oramai troppo distanti dalla spiaggia si erano trasferiti nel sorgente borgo costruendovi la loro abitazione.
Non ho trovato scritti né testimonianze che potessero dimostrare che i marinelli si siano dati alla navigazione oltre i porti di Marsiglia al Nord e di Napoli al Sud prima del 1800.
Dall’esame di alcuni libretti di navigazione rilasciati ai marinai dopo l’Unità d’Italia è emerso soltanto esservi stati dei marinelli già in possesso di patenti a comandare velieri prima del 1800.
I casi di viaggi compiuti per altri porti anche molto lontani sono stati rarissimi.
In questo libro ho narrato quanto mi è stato testimoniato dagli anziani del paese e quanto ho potuto rintracciare in vecchi documenti, cioè quanto ho potuto raccogliere dopo il 1937, data della pubblicazione dei miei due articoli sul trasporto del marmo a Carrara e sul buscaiolo.
Non ho voluto dilungarmi troppo riportando tutte le mille voci da me raccolte: nomi di navi e di comandanti, parole marinelle o marinellizzate o usate con significato diverso dall’originario.
Mi auguro di aver scritto un libro leggero, semplice e, voglio sperare, per nulla noioso, corredato con giuste illustrazioni, colla consapevolezza di aver attinto soltanto una parte dell’aneddotica di un passato che purtroppo si sta dimenticando.

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