A cura di Massimo Bertozzi

‘900 a Carrara. Il catalogo

Avventure artistiche tra le due guerre


Fondazione Giorgio Conti, 2023
Formato: 23x28
Pagine: 220 - Lingua: Italiano

Nuovo

A Carrara la tradizione artistica è per forza di cose quella del marmo e della scultura.
Per una secolare abitudine a adeguarsi alle trasformazioni dei linguaggi e a tramandare le tecniche, e i tanti segreti, di un mestiere che non può mai prescindere dall’estro individuale come da una grande abilità manuale. Avendo a disposizione per il continuo aggiornamento e la verifica delle consonanze artistiche l’attività dei laboratori dove si lavora il marmo e si impara la scultura e la sua Accademia di Belle Arti che dalla fine del Settecento aiuta questa tradizione a rinnovarsi e a rimanere al passo coi tempi.

Questa mostra è dedicata ai percorsi di aggiornamento dei linguaggi figurativi e del panorama artistico carrarese nella prima metà del secolo scorso, attraverso la verifica di due direttrici di sviluppo: quella della linea, dal liberty di Leonardo Bistolfi al Novecentismo di Arturo Martini all’astrattismo di Alberto Viani, e quella del volume, dal solido verismo di Carlo Fontana al poetico naturalismo di Arturo Dazzi alla “frammentazione spaziale” di Carlo Sergio Signori.
La strada del rinnovamento segue nei primi decenni del secolo scorso un filo che annoda, lungo l’asse Bistolfi – Martini – Viani, le tappe fondamentali della nascita della scultura moderna in Italia.
Leonardo Bistolfi esegue a Carrara numerose opere, dai gruppi per la decorazione del Teatro dell’Opera a Città del Messico al Sacrificio destinato al Vittoriale, dal Monumento ai caduti di Correggio al grande gruppo del Funerale destinato al Cimitero di Montevideo, dal Monumento ai Caduti di Casale Monferrato a quello a Giosuè Carducci di Bologna, oltreché più di una copia del famoso bassorilievo “Il dolore confortato dalle memorie”.
Nei primi decenni del ‘900, Bistolfi introduce così a Carrara, nei suoi laboratori, nel bagaglio tecnico e formale dei suoi artigiani, i temi e i modelli della scultura simbolista, gusto per la linea e la composizione bidimensionale che contribuì a rinnovare il linguaggio della scultura, almeno fino a quando i primi segnali del ritorno all’ordine indirizzeranno anche i laboratori carraresi lungo i percorsi di ricomposizione classica della forma.
Ne scaturiscono incontri inconsueti e contaminazioni impreviste, come quando nel Monumento alla Vittoria di Bolzano, il disinvolto eclettismo di Marcello Piacentini riesce a far convivere le forme di Libero Andreotti con quelle di Arturo Dazzi e di Pietro Canonica.
Nel corso degli anni Trenta, arrivano a Carrara la purezza classica di Francesco Messina e le forme novecentiste di Mario Sironi e Fausto Melotti. Ma arriva anche Arturo Martini che, proprio grazie a Carrara, al rapporto con gli studi e gli artigiani apuani, scopre inaspettate possibilità di rinvigorire, dall’interno e proprio in rapporto a quello che sembra il materiale più compromesso, l’arte della scultura.
Il Martini che allude al processo di scomposizione della forma, che si arrovella intorno alla funzione plastica delle ombre, che concepisce e chiude in una forma l’Atmosfera di una testa; lo scultore che intuisce che la scultura di domani sarà quella che sta facendo il suo allievo, Alberto Viani, è che è tuttavia convinto di dover consumare fino in fondo ogni potenzialità espressiva della figura.

Viani arriverà poi a Carrara dove darà consistenza marmorea ai morbidi volumi dei suoi gessi. Nel frattempo, tuttavia la scultura astratta aveva trovato un’altra via per approdare al marmo carrarese.
Nel 1946 giungeva infatti da Parigi Carlo Sergio Signori, con l’esigenza di realizzare il Monumento ai fratelli Rosselli per Bagnoles-de-l’Orne e l’esatta misura della capacità di rinnovare una tradizione antica è data proprio da questa che in fondo poteva rimanere solo un episodio occasionale, perché alla fine non sarà solo per caso che il primo “monumento astratto” d’Europa venga realizzato a Carrara e in un materiale in forte sospetto di passatismo.

Carlo Sergio Signori, “parigino” di Milano, diventerà “carrarino”, inserendosi dentro la tradizione dei marmorari, ma in urto con la tradizione accademica, com’era quella della continuità tra Carlo Fontana, Arturo Dazzi e la loro numerosa progenie che si è fatta le ossa nei grandi cantieri pubblici e nel proliferare di monumenti negli anni Trenta: Valmore Gemignani e Sergio Vatteroni, Aldo Buttini e Romeo Gregori, e poi Giorgio Salvi, Luigi Venturini, per finire con i “professori”, continuatori anche dell’insegnamento scolastico, Alderige Giorgi, Ugo Guidi, Felice Vatteroni.

Ai percorsi della scultura si intrecciano quelli della pittura, talvolta come disciplina parallela dello stesso artista – praticano la pittura con assiduità sia Arturo Dazzi che Sergio Vatteroni, sia Carlo Sergio Signori che Arturo Martini; mentre per altro verso il pittore Mario Sironi si fece a Carrara sporadico “scultore”.
Così come alcune suggestioni all’aggiornamento della pittura arrivano a Carrara per il tramite degli scultori, Dazzi per Carrà e Soffici, Signori per Severini e Magnelli. E Poi la crescita dei pittori nel panorama accademico, con l’emergere di una figura come quella di Pietro Pelliccia che dell’Accademia carrarese diventerà, primo tra i pittori, direttore. E poi quelli per i quali Carrara, le sue cave e i suoi paesaggi diventano motivo pittorico, a cominciare da Lorenzo Viani, protagonista della Repubblica di Apua, ma anche amico di Arturo Martini che con il ritratto del viareggino realizzerà una delle sue prime opere in marmo.
Accompagnato da una lunga serie di pittori, indigeni come Giuseppe Viner o Giulio Marchetti o Gino Montruccoli, oriundi come Domenico Cucchiari o forestieri come Uberto Bonetti e i fratelli Michahelles, RAM e Thayaht. In quegli anni i giovani che studiano all’Accademia di Belle Arti trovano facilmente la possibilità di completare la propria formazione frequentando i laboratori, dove è possibile perfezionare il mestiere e nello stesso tempo assistere alla realizzazione di ogni sorta di scultura, conoscere gli artisti, vedere all’opera gli artigiani.
Un contesto in cui tutti insegnano qualcosa proprio mentre sono lì per imparare qualcos’altro: perché la scultura non si può inventare: si impara solo dove la scultura si fa.

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