Angiolo Nerli

Solo un fiore rosso

Romanzo d’amore e di anarchia


2022
Formato: 15x21
Pagine: 218 - Lingua: Italiano

Nuovo

Carrara, anni Venti. Sullo sfondo dei soprusi del regime fascista e dei tentativi di resistenza, nasce una storia d’amore tra Adriano, cavatore anarchico e la giovane Noris, compagna di battaglie libertarie. Vicende che intrecciano desideri di vendetta delle personali offese ricevute dagli odiosi squadristi e la rivendicazione di una giustizia sociale pesantemente oltraggiata.
Il romanzo vuol essere un omaggio a quei nuclei di resistenza che mai si sono voluti arrendere e che la storia ha magari messo da parte.

 
Questo racconto si riferisce ad un periodo storico ben preciso, inquadrato nei primi anni del Ventennio fascista. Situazioni simili si sono realmente verificate, e alcuni personaggi sono veramente esistiti.
Sono personaggi reali Renato Ricci, che ha avuto, a livello nazionale, il ruolo descritto nel racconto, e Giovanni Bernardi, un carrarino che, il 9 aprile 1922, tentò di difendersi con una rivoltella da un’aggressione fascista nella sua abitazione, e che fu arrestato dai carabinieri.
Realmente accaduto è il fatto verificatosi al Ponte delle Lacrime, il 2 giugno 1921: Renato Lazzeri e sua madre, Gisella Bianchi, furono uccisi da Amerigo Dumini, colui che sarà uno degli assassini di Matteotti. La causa di questa tragica vicenda fu lo sfoggio di un fiore rosso portato in petto dalla giovane Claretta Lazzeri, sorella di Renato. Questo fiore rosso, esibito dalla giovane, venne interpretato come gesto ‘sovversivo’, tale da scatenare la rabbia di un gruppo di squadristi fascisti.
In questo contesto storico ho inserito la mia narrazione, nella quale prevale però la presenza di figure di personale invenzione. Anche il minacciato intervento della Ceka, che nel 1927 si evolverà nell’OVRA, la polizia segreta fascista, prospettata da Renato Ricci nel racconto, non ha nessuna attinenza con la realtà storica.
Una precisazione: per i due marinai, Porthos e Oreste Fraschetti, mi sono ispirato a due zii materni di mia madre, che si chiamavano in realtà Porthos, detto “Ciosse” e Oreste Freschi. Con orgoglio, voglio ricordare che Oreste e “Ciosse”, con le loro famiglie, assunsero un ruolo non secondario nell’opposizione al fascismo durante gli anni del Ventennio. Senza mai chinare la testa.

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