Il migliore motivo per leggere "Un uomo" è perché si svolge sulle Alpi Apuane, più esattamente a ridosso di Carrara, e quindi specialmente i carrarini, se interessati al proprio territorio, alla sua storia materiale e alla sua antropologia, vi troveranno forti motivi d’interesse. Nel romanzo Carrara resta più che altro sullo sfondo; la vicenda si svolge principalmente in tre luoghi di montagna, che sono il bacino d’escavazione marmifera di Ravaccione, la regione agro-pastorale di Campo Cecina e il paese di Vinca già in Lunigiana.
Vinca offre a Cozzani il destro per dipingere bei quadretti di genere all’osteria, negli orti, nelle viuzze battute dal vento, e scene di convegni amorosi e di alterchi rustici più su, dove grandi castagneti fanno ombra e riparo al paese, e più su ancora, sotto il Pizzo d’Uccello, dove tra gli alpeggi si svolge il sentiero che porta alle cave dell’Orto di Donna in Garfagnana.
Campo Cecina è un microcosmo descritto in modi realistici ma nello stesso tempo esemplari perché, essendo sede di agricoltura e pastorizia, si contrappone con buon effetto narrativo alle onnipresenti attività estrattive circostanti e sottostanti; e può darsi che qualche anziano lettore carrarino, leggendo in questi capitoli di pratiche sciatorie su quegli aperti pendii, si ricordi di vecchi progetti di valorizzazione sciistica della zona, compreso quello (per fortuna mai realizzato) di una funivia turistica da Piastra a Campo Cecina con stazione intermedia sul M. Pesàro.

È interessante notare, poi, che la figura del protagonista, Cesare Ferroni, si ispira a quella reale di Cesare Martignoni (“Mi fu modello e guida Cesare Martignoni […] Mi piacque la sua natura rude e franca, la sua intelligenza incolta ma forte”), che a Campo Cecina si trovano ancora i ruderi della sua vaccheria, e che la capanna in cima al M. Borla, in cui si svolge tra l’altro la scena finale, esiste ancora e si chiama Capanna del Borla o Casa Martignoni.

Ma il centro del libro è alle cave: più precisamente quelle del bacino di Ravaccione, ancora oggi uno dei tre principali di Carrara. Non è difficile trovare altrove descrizioni dei luoghi - bancate verticali, gallerie, piazzali levigati, ravaneti -, e delle opere di cava (una per tutte, la più tipica: la via di lizza), e neanche del lavoro che vi si svolge a opera di tecchiaioli, riquadratori, meccanici, fabbri, lizzatori e bovari; e anche altrove si può leggere di tipi umani di cava come i bardassa e gli spartani; ma è originale, ad es., l’attenzione alle strategie di estrazione del marmo e ai rapporti non solo umani ma anche professionali (benché naturalmente - dato il periodo storico - privi di implicazioni sindacali) tra tutti coloro che si muovono a vario titolo nelle cave o attorno alle cave. Nel complesso, un bel quadro a tutto tondo di quella che era ed è la massima distinzione di Carrara in Italia e nel mondo; e l’episodio che chiude il libro, cioè la grandiosa varata del Tecchione, con la gente che accorre da ogni dove per assistere alle imminenti esplosioni, e il silenzio attonito che le precede, a cui sembra associarsi anche la natura circostante, ha un suo non disprezzabile vigore espressivo.

Può bastare tutto questo (o solo questo) a invitare alla lettura di "Un uomo"? certamente sì, e ne avanza, se i potenziali lettori sono carrarini; ma anche se si tratta di chi, senza essere nato o vissuto a Carrara, è però legato a quei luoghi per aver cominciato una volta, spinto dall’amore per la montagna, a percorrerli a piedi regolarmente, e vi resta avvinto da un affetto forte e tenace che non diminuisce per trascorrere di anni o cigolar di ginocchi.
Quanti nomi, e quanto attraenti ed evocativi per chi conosce e ama quelle rocce, quei pendii brulli, quei prati e quelle faggete! Acquasparta, Morlungo, Costa della Felce, Fontana Antica, i Pozzi, Ballerino, Garnerone, Lorano, il Torrione… e altri ignoti nomi di luogo su cui indagare, come Sasso Caproni e Uomo Accucciato.