Scritti sparsi d’alpinismo e d’escursionismo
2021Nuovo
Per illustrare la particolarità del volume e dell'intera collana, ci affidiamo alle parole di Enzo Maestripieri, curatore della collana stessa.
«Questa raccolta si rivolge ai frequentatori delle Alpi Apuane che siano interessati alla storia dell’attività che praticano, e che desiderino approfondirne la conoscenza risalendo alle fonti originali, spesso ricche di dettagli e di informazioni insospettate, ed esenti dagli errori che nascono fatalmente dalle tradizioni indirette.
A tale categoria di lettori il presente libro offre in ordine cronologico gli articoli e scritti sparsi (e difficilmente accessibili) d’interesse alpinistico o escursionistico pubblicati a cominciare dal 1868, anno al quale risale, come si vedrà sotto, il primo contributo interessante, e che è anche l’anno in cui venne fondata la sezione di Firenze del Club Alpino Italiano, protagonista della prima esplorazione apuana. Il termine finale del 1878 è stato scelto non per altri motivi che per limitare la mole di questo primo volume, e sarà il termine iniziale del secondo. In questo periodo aurorale della letteratura apuana, dato il numero esiguo dei lemmi bibliografici non è stato necessario operare delle scelte, e la raccolta qui presentata si può dire completa; nei volumi che seguiranno sarà invece indispensabile limitarsi agli scritti veramente significativi trascurando, tra i sempre più numerosi contributi, quelli meramente ripetitivi o francamente dilettantistici.
Tra il 1868 e il 1878 furono pubblicati altri importanti titoli apuani oltre a quelli qui riuniti, ma essendo usciti in volume sono ovviamente esclusi da questa raccolta: di Zolfanelli "La Lunigiana e le Alpi Apuane" (1870), "Guida alle Alpi Apuane" (con Santini, 1874) e "Lettere apuane" (1877); e soprattutto di Bertini e Triglia l’ "Itinerario per escursioni alle più alte cime delle Alpi Apuane" (1876), prima guida escursionistico-alpinistica in senso moderno, già ristampata anch’essa in questa collana, e qui sotto citata spesso; e bisogna rammentare anche "Il Bel paese" dell’abate Stoppani (1876), celebre libro naturalistico d’intento divulgativo, d’ambito e risonanza nazionali, che dedicò due capitoli alle Alpi Apuane.
In realtà, alla data del 1868 la letteratura apuana era già ricca e antica: ma era stata motivata da interessi d’altro genere rispetto a quelli di cui qui si tratta. I contributi erano stati naturalistici (Vallisneri, Ximenes, Targioni Tozzetti, Spallanzani), enciclopedici (Repetti), geologici con particolare interesse al marmo (Repetti, Savi, Simi), botanici (Vitman, Bertoloni, Simi, Caruel), storici (Sforza, Santini). Per maggiori dettagli si rimanda alla ricca Bibliografia della "Guida delle Alpi Apuane" di L. Bozano, E. Questa e G. Rovereto (Genova 1905), già ristampata in questa collana; in essa il primo lemma della sezione Alpinismo è il primo scritto qui riportato: F. Giordano, Escursioni dal 1866 al 1868 (1868).
Contributi del genere, che si potrebbero definire scientifici in senso lato, continuarono naturalmente a uscire anche dopo il 1868; e tra i loro autori nel decennio qui preso in esame si vuole almeno ricordare Igino Cocchi, rinomata figura di studioso che fu fondatore e primo Presidente della sezione di Firenze del CAI. Una menzione la merita anche la pubblicazione sul Bollettino CAI del 1872 della Elevazione sopra il livello del mare delle principali eminenze della Toscana e luoghi limitrofi, determinate trigonometricamente dal padre Giovanni Inghirami, elenco sistematico di quote ricavato da una precedente opera del 1841 dell’illustre astronomo, matematico e geodeta (1779-1851) nato a Volterra: le quote altimetriche di padre Inghirami divennero di uso corrente, e sono richiamate spesso dagli autori qui riuniti.
La presente raccolta comprende 16 scritti di 11 autori; a ciascun autore e a ciascuno scritto viene premessa una breve nota introduttiva; tutti gli scritti sono sobriamente annotati dal curatore; le note già presenti negli originali sono contraddistinte dalla dizione NdA o simili; un Indice dei luoghi finale aiuta a districarsi tra toponimi nuovi e vecchi, parte dei quali ormai scomparsi dall’uso; i toponimi citati solo negli interventi del curatore (e quindi, presumibilmente, di conio più recente) sono evidenziati in corsivo.
Il lavoro qui introdotto non ha pretese filologiche, ma non per questo rinuncia a un minimo di rigore e all’adozione di qualche regola uniforme per la resa dei testi originali; l’approccio è conservativo, e rispetta per quanto possibile e opportuno la forma originale, ad es. per la punteggiatura, l’uso del maiuscolo e le modalità d’impiego del corsivo; si sono però adeguati all’uso moderno italiano, tra l’altro, sia la scrittura dei numeri (e quindi 90.000 anziché 90,000) sia il trattamento della ‘e’ accentata, per la quale si è introdotta la ‘é’ acuta (né, perché, finché ecc.) in tutti quei casi in cui essa sia richiesta dall’uso attuale, laddove nei testi originali si trova invece quasi sempre la ‘è’ grave.
Le traduzioni dall’inglese e dal francese sono del curatore salvo quella d’epoca dello scritto di Freshfield, che però è stata confrontata con l’originale e discussa dove occorreva.
Degli 11 autori qui presentati, 3 sono alpinisti britannici di alto rango: Utterson Kelso, Comyns Tucker e Freshfield (un quarto anglosassone- Duthie - è botanico; il suo breve scritto ha quasi solo motivi d’interesse settoriali); e si tenga presente che l’inglese R. H. Budden fu presidente della sezione CAI di Firenze dal 1874 al 1895. La loro attenzione alle Alpi Apuane è più legata alla tematica del grand tour e del viaggio in Italia, di tradizione illustre in Europa, che alla sistematica campagna di ascensioni condotta nel XIX secolo dai soci dell’Alpine Club sulla catena alpina: è facile comprendere che la salita alla Pania della Croce aveva, per questi famosi alpinisti, maggiore affinità con la visita di Firenze e Pisa che con la salita del Cervino o del M. Bianco. In effetti, l’interesse dello scozzese Utterson Kelso e dei due inglesi (ma anche di Duthie) si rivolge - oltre che alle cave di Carrara per motivi extra-alpinistici - solo alla Pania della Croce, la più nota e popolare delle cime apuane, non a caso visibile da Firenze. Comunque sia, il lungo articolo di Freshfield è tra i più interessanti della presente raccolta, come verrà meglio detto ad locum.
I rimanenti contributi, ad eccezione di quello - peraltro mediocre - dello sconosciuto Battelli, fanno capo in qualche modo alla sezione CAI di Firenze, o perché scritti da suoi soci o perché originati dal Congresso nazionale da essa organizzato nel 1876; si ricorda che Firenze fu capitale d’Italia dal 1865 al 1870, e che come tale attirò, anche in campo alpinistico, personalità di rilievo dal Piemonte e da tutt’Italia. Spiccano in particolare gli articoli di Dalgas (4) e del conte Cambray Digny, appartenenti a ragguardevoli famiglie fiorentine di origine danese e francese, sia per la buona scrittura e i toni cordiali e distesi, che ne rendono la lettura assai gradevole, sia soprattutto perché, in definitiva, più ‘alpinistici’ di quelli dei ben più celebri colleghi d’oltre Manica: per i quali la salita alla Pania della Croce da Foce di Mosceta è in fondo poca cosa, più che altro finalizzata a godere del bel panorama dalla cima e che non necessita di molti dettagli; mentre Dalgas e Cambray Digny, per i quali se non la Pania certo il Pisanino è una vera e propria ascensione da non sottovalutare, sono più prodighi di particolari e prendono sul serio le loro gite, dando in questo modo testimonianza di un alpinismo provinciale e minore sì, e certamente in ritardo di qualche decennio rispetto a quello alpino: ma comunque alpinismo vero, nei cui resoconti l’apuanista d’oggi potrà forse riconoscere con simpatia le curiosità e le forti sensazioni provate quando muoveva i primi passi su queste Alpi domestiche».
Enzo Maestripieri
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